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Ecco un nuovo numero di Finding Beauty, la newsletter per gli esploratori della bellezza a cura di Antonio Di Battista, Creative Director di Imille.

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N°69 | 22 ottobre 2021

 

Ciao Findingbeauters,

mentre metto insieme in questa mail i pezzi della settimana e, talvolta, persino della mia vita, ho davanti a me questa tazza. Design pulito, color antracite. La classica mug, insomma. La sua posizione è fissa: in alto a destra del Mac, ma appena oltre il livello del Mac. Deve essere facile da prendere, ma allo stesso tempo non deve invadere per alcun motivo la bolla prossemica della digitazione. Un equilibrio fragilissimo, comfort zone di noi ossessivo-compulsivo di scuola minimalista, quelli che si sentono male a vedere gli altri con le risme di fogli e appunti e post-it e gadgetini e altre cazzate varie sul piano da lavoro. 


Anyway. La tazza è un regalo fatto dall'agenzia un paio di feste di Natale fa, all’epoca in cui si poteva fare un tiro da una sigaretta di un altro, senza doversi farsi un tampone in farmacia il giorno dopo. È una tazza per bere, ma è anche una sorta di cannocchiale, perché ti fa vedere le cose in un certo modo. Sopra infatti c'è una scritta in rosso: Creating better futures, one campaign at the time”. Creare futuri migliori. Wow, "ma io faccio pubblicità", uno potrebbe dire. Ma mi dite perché la cosa non dovrebbe riguardare anche noi? Se facessimo automobili, ora ci staremmo sbattendo per farle meno inquinanti; se facessimo energia, staremmo cercando soluzioni per produrla persino dal volo degli uccelli;  se producessimo plastica, chevvelodicoaffà. E invece facciamo la pubblicità. Quindi ci sembra che non spetti a noi fare il lavoro per migliorare le cose. Noi parliamo bene di prodotti e servizi e cerchiamo di farlo in modo convincente, tra le 9 e le 18. Siamo come tanti piccoli Sid, il bradipo dell’Era Glaciale: “Sono un ragazzo semplice: vedo la foglia, mangio la foglia. Tutto qua”. E va bene, poniamo allora che non spetti a noi migliorare il mondo nel suo complesso, anche se noi siamo abbastanza matti da crederlo al punto da imprimerlo su una tazza. Ok, non possiamo quindi migliorare il mondo. Ma possiamo almeno migliorare il nostro pezzo di mondo? Possiamo cioè migliorare la pubblicità? Brief difficile, vero? 

Partiamo proprio dal brief. Un brief fatto bene deve contenere dati ed evidenze misurabili. Ecco allora il dato:
 

Questa settimana mi imbatto in questa ricerca. Si chiama BetterBriefs e dice così: “It is the first global and largest study ever conducted on the marketing brief. We’re on a mission to reduce the amount of money, time and talent wasted on poor briefs. Our findings will help make your briefs better, reduce inefficiencies and grow commercial impact”. Due tizi, gli autori Matt Davies e Peter-Paul won Veiler, che hanno provato evidentemente ad essere un po' meno i bradipi di noi. Nel loro "brief" non possiamo certo lamentare che manchino i dati. Vediamone alcuni. 

IL DATO
Il primo si può riassumere così: i marketer e le agenzie sono su pianeti diversi. I marketer (80%) pensano di scrivere buoni brief e solo il 10% delle agenzie creative è d'accordo. Oltre tre quarti dei marketer (78%) pensano che i brief che scrivono forniscano una chiara direzione strategica, con solo il 5% delle agenzie creative d'accordo. E quando si tratta di linguaggio, i marketer (83%) ritengono che i brief che scrivono contengano un linguaggio chiaro e conciso, con solo il 7% delle agenzie d'accordo. 

I brief sono quindi essenziali, ma apparentemente trascurati: i marketer (89%) e le agenzie (86%) concordano sul fatto che è difficile produrre un buon lavoro creativo senza un buon brief di marketing. Tuttavia, nonostante la loro importanza e valore, quasi tutti i marketer (90%) e le agenzie (92%) concordano sul fatto che il brief sia uno degli strumenti più preziosi e paradossalmente più trascurati che i marketer hanno a disposizione per creare un buon lavoro. 

L'IMPATTO
Brief scadenti erodono i budget di marketing. Gli intervistati hanno stimato che un sostanziale 33% del budget di marketing va sprecato a causa di brief inadeguati e lavoro mal indirizzato. E i rebrief si verificano troppo spesso con i marketer (69%) e le agenzie (73%) d'accordo, portando a perdite di tempo, denaro e alimentando la frustrazione da entrambe le parti. 

Che si può fare quindi? Gli autori la vedono così: "Questo è studio evidenzia la portata dei problemi di marketing brief e il divario percettivo tra i marketer e le loro agenzie. Fortunatamente, fa luce anche sui modi per portare avanti le cose in una direzione positiva. I dati rivelati in questo lancio globale sono il primo passo verso la creazione di brief migliori".

Adesso torniamo a noi e a quel tentativo di essere un po' meno Sid il bradipo e un po' più tazza. Che si può fare? Ripartiamo ancora dal brief. Se il brief non è chiaro, parlatene una volta in più con il cliente e non "portiamoci avanti perché tanto alla fine lo sappiamo quello che vuole".  Se il brief non c'è affatto, proviamo a scriverlo insieme a loro. Se il brief è chiaro, ma magari lo sentite poco fertile per la vostra traduzione creativa, non siete per forza voi che avete finito le idee. Magari è il brief che si può rivedere. Se non è chiara la timing, se non è chiaro il budget, se non sono chiari gli obiettivi, il brief potrebbe essere un buon momento per chiarire tutto. Di sicuro un momento migliore della notte di Natale in cui sarete sul divano della post produzione a rifare il voice over, la color, la musica, il montaggio, il formato o tutte e 5 le cose insieme, perché la campagna deve uscire a Santo Stefano e sul brief "non era indicato". Perdeteci un po' di tempo adesso. Sarà tutto tempo che guadagnerete la notte di Natale. Magari non cambierete il mondo (anche se io dico di sì). Ma per lo meno migliorerete la vostra campagna.

BETTER FUTURES, ONE BRIEF AT THE TIME

E adesso ditemi una cosa: secondo voi com'erano i brief dietro questa Top 3 della settimana?

#3

FISHER-PRICE
 
#2

BURGER KING
 
#1

BURBERRY
 

 

Chiedete di più al vostro brief, prima ancora che alla vostra creatività, my friends.

Ant



 


Antonio Di Battista

Creative Director

 


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