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Ecco un nuovo numero di Finding Beauty, la newsletter per gli esploratori della bellezza a cura di Antonio Di Battista, Creative Director di Imille.

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N°72 | 12 novembre 2021

Ciao Findingbeauters,

la cosa più bella di questa settimana è anche la più brutta. Questo qui sotto è uno screenshot di Google Maps che ho aperto per vedere dove si trovasse Tuvalu, una lacrima di sabbia sulla guancia di oceano della Polinesia, a metà strada tra le Hawaii e l'Australia. Uno di quei posti per i quali noi europei ci spariamo tra le 22 e le 24 ore di volo e arriviamo mezzi morti per scoprire che sì, può esserci davvero il paradiso ultraterreno.


Perché parliamo di questo luogo felicemente inesistente nell'agenda setting dei media occidentali? Perché una manciata di atolli di 26 km quadrati che la rende il secondo paese meno popolato al mondo dopo il Vaticano dovrebbe interessarci per qualcosa che non sia il nostro prossimo viaggio di nozze? Perché Simon Kofe, il ministro di questo Stato insulare, ha deciso di tenere il suo speech per la COP26 con le gambe immerse nell'acqua. Infatti, tra le conseguenze più catastrofiche del riscaldamento globale, l'innalzamento dei mari è tra quelli più preoccupanti. Rischiano di finire sott’acqua intere metropoli costiere, regioni e isole, soprattutto dell’Oceano Pacifico. Dalla sconosciuta Tuvalu fino alla notissima Florida, che sta diventando sempre di più la nuova Venezia. Una performance, quella di Kofe, che mi ha ricordato quelle meravigliose micro-installazioni, ma dai significati giganti, di Isaac Cordal. 

La Terra ha la febbre. Se la sua temperatura salirà oltre i 3°C rispetto all'epoca preindustriale, verranno sommerse regioni che oggi sono popolate da circa 800 milioni di persone, il 10% della popolazione mondiale. E quando qualcuno ha la febbre, non si aspetta un discorso. Si aspetta un'azione. Forse anche più di una. Una coperta, un thè caldo, una serie Netflix con un sacco di stagioni. Simon Kofe ricorda al mondo intero che stiamo affogando e quello che ci serve non è un discorso. È un salvagente. Solo che non sarà qualcun'altro a tirarcelo, ce lo dobbiamo lanciare da soli. 

Il suo è stato un atto di comunicazione potentissimo, che gli ha fatto guadagnare milioni di dollari di earn media, come direbbero quelli bravi. Perciò potente ed effective. Il problema è che si tratta di un atto di comunicazione e basta. Sul tema dell'innalzamento dei mari sono stati spesi tanti altri atti come questo. Tante idee e migliaia di dollari per produrle, al punto che in questi anni è diventato un po' un genere di comunicazione. Purtroppo ancora poco corrisposto da un genere di azioni della politica globale. Ho voluto seguire il flusso di coscienza e di libere associazioni che la notizia di Tuvalu ha suscitato in me e il risultato è una Top 4 di progetti di comunicazione, da più a molto meno recenti, che trattano con angolazioni, toni di voce e output diversi il tema dell'innalzamento delle acque. A volte il riferimento all'acqua è più diretto, a volte meno. Ma che importa, quando l'ecosistema da difendere è lo stesso?

#4


MARE DOMANI
Progetto italiano di un po' di tempo fa, ma ancora buon esempio di pensiero laterale, modo non retorico di affrontare il tema e modalità non banale di eseguirlo.

#3


THE ULTIMATE TEST
Il filone dei test spettacolari di prodotto, con Volvo ha prodotto in questi anni una serie di perle incredibili. Dall'Epic Split di Van Damme, fino ad una torre di camion che viaggiano impilati. Questo nel link del titolo è quello che loro definiscono "il test definitivo" e in effetti è quello più importante. Perché se non c'è più un pianeta in cui farli girare, tanto vale non produrli più i camion.
 

#2


EVERYTHING IS NOT AWESOME
Qui il tema è più il petrolio che l'acqua ma proprio come l'acqua, si innalza. L'ho rivisto dopo qualche tempo, ma non smette di emozionarmi come la prima volta. Un uso delle immagini e della musica strepitoso, per altro avvenuto con un tempismo perfetto, poco dopo il lancio del primo film Lego.
 

#1


ELEGY FOR THE ARCTIC
Sarebbe bastato Einaudi da solo. Ma metterlo su una placca, che fluttua sospinta da un pianoforte e dell'autolesionismo umano, fanno di questo stunt di comunicazione qualcosa di irripetibile.
 

Stiamo affogando, my friends. E decidere se siamo noi quelli che tirano il salvagente oppure gli stronzi che si legano una palla al piede per affondare più in fretta, spetta solo a noi.

Ant


 


Antonio Di Battista

Creative Director

 


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